giovedì 10 ottobre 2013

A San Pier Scheraggio autoritratti ungheresi

La mostra presenta 23 opere della Collezione degli autoritratti della Galleria degli Uffizi, la maggior parte delle quali acquisite tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, ma con arrivi anche più recenti. L’esposizione è dedicata alla memoria di Miklós Boskovits, noto storico dell’arte ungherese scomparso nel 2011 – dal 1968 in Italia e docente presso l’ateneo fiorentino – ed è anche un riconoscimento dell’amicizia culturale tra l’Italia e l’Ungheria che si festeggia in questo 2013, ma che ha origini lontane, come anche la mostra dedicata al re Mattia Corvino nel Museo di San Marco illustra, ricorda il Soprintendente Cristina Acidini.
 

La presenza all’inaugurazione di Miklós Maróth, Vicepresidente dell’Accademia Ungherese delle Scienze, esprime la stima e l’omaggio degli storici dell’arte ungheresi a Miklós Boskovits, membro esterno dell’Accademia.
L’esposizione degli Uffizi ha visto la collaborazione tra storici dell’arte ungheresi - János Végh (docente presso l’Istituto di Storia dell’arte all’Accademia Ungherese delle Scienze), e Fehér Ildikó (docente presso l’Università Ungherese di Belle Arti) - che hanno condotto capillari ricerche archivistiche e bibliografiche, insieme ad altri studiosi ungheresi, confluite in una ricco apparato d’inedite informazioni nel catalogo realizzato da Giunti, e storici dell’arte italiani - Giovanna Giusti, Direttore agli Uffizi del Dipartimento Arte dell’Ottocento e Contemporanea.
Il primo autoritratto ad entrare agli Uffizi fu quello di Károly Markó senior, nel 1872; l’ultimo, pervenuto nel 2009, è quello di János Urbán (1934-) che vive ed opera in Svizzera. Il quadro più antico è quello di János Kupeczky(1667-1740), che nel primo Romanticismo era ritenuto il maggior pittore ungherese del Settecento.
La gran parte degli autoritratti ungheresi sono stati donati alla Galleria dagli artisti stessi.
Ai tempi del quarto centenario del museo (precisamente nel 1982), scrive il direttore della Galleria degli Uffizi, Antonio Natali, erano giunti dall’Ungheria due quadri, entrambi di primo piano: uno di Jànos Nagy Balogh, donato dalla Galleria Nazionale Ungherese (e fu un segno forte d’affetto e di stima), l’altro di Bertalan Pór. Nel 2000 sarebbe entrata nella collezione l’effigie a grandezza naturale di László Lakner, grazie a una segnalazione di Miklos Boskovitz, amico suo e nostro. Poi, nel 2005, sarebbero pervenuti (con l’accessione da parte degli Uffizi della cospicua collezione di Raimondo Rezzonico) due autoritratti di Viktor Vasarely e uno di Hugo Scheiber. Infine, tre anni dopo, nel 2009, quello di Jànos Urban.
In occasione della mostra László Lakner ha offerto un secondo autoritratto alla Galleria, realizzato nel 2010, che si aggiunge a quello dipinto nel 1970: quell’effige “coraggiosa” - scrive Giovanna Giusti - che si componeva a trittico, insieme agli autoritratti di Fallani e di Rauschenberg, nel 2005 nella mostra ’Nel giardino di Eden e nelle selve d’Olimpo’, dove si esemplificava lo studio del corpo, con scelte e per strade trasversali e che in questo 2013, era presente anche alla mostra ’The Naked Man’ al Ludwig Museum di Budapest.
Secondo quanto scrive János Végh (...) per un lungo lasso di tempo il genere dell’autoritratto era considerato dalle correnti di pensiero materialiste del Centro-Europa una manifestazione artistica legata ai gusti dell’alta borghesia, e (...) volutamente ignorato. (...). Oggi la situazione è molto diversa (...) e il cambiamento si avverte molto piú chiaramente nella metodologia degli storici d’arte ungheresi che negli ultimi tempi – grazie ai suggerimenti di Miklós Boskovits che è stato il motore della ricerca –, hanno affrontato con diversa obiettività lo studio degli autoritratti ungheresi degli Uffizi.
Quasi ogni dipinto - scrive Fehér Ildikó - ha seguito un percorso diverso per entrare nella raccolta degli Uffizi, ogni opera ha la sua propria storia. Per capire i veri valori di questi autoritratti conviene ricorrere a un’analisi storicoculturale che metta in risalto ciò che essi rivelano sull’idea che l’artista ha di se stesso e sulle sue aspirazioni alla celebrità.
Oltre all’edizione italiana del catalogo, a cura dell’Editore Giunti, è stata anche realizzata una edizione in lingua ungherese, a cura dalla Casa Editrice dell’Università Ungherese di Belle Arti, sostenuta dal Ministero degli Affari Esteri d’Ungheria in occasione dell’Anno Culturale Ungheria-Italia 2013..

Dall'11 ottobre al 30 novembre 2013

Fabrizio Del Bimbo

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