Da martedì 6 a domenica 11 gennaio
Fondazione Teatro Stabile di Torino
ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione
presentano
Giuseppe Battiston
FALSTAFF
da “Enrico IV” / “Enrico V”
di William Shakespeare
traduzione Nadia Fusini
con
Gennaro Di Colandrea, Giovanni Franzoni, Giovanni Ludeno, Martina
Polla, Andrea Sorrentino, Annamaria Troisi, Elisabetta Valgoi, Marco
Vergani
adattamento e regia Andrea De Rosa
scene e costumi Simone Mannino
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper
movimenti scenici Francesco Manetti
Il Falstaff
di Giuseppe Battiston e Andrea De Rosa inaugura il 2015 della Pergola.
Una nuova creazione drammaturgica che unisce teatro, filosofia, opera
lirica e cinema.
Il 6 gennaio, inoltre, si conclude “Un Natale da Favola” con le Favole di Natale, di Hans Christian Andersen, regia di Andrea Macaluso, produzione Fondazione Teatro della Pergola.
“Tutto nel mondo è burla”. Millantatore, sbruffone, vorace, vitalista, furfante, il Falstaff
arriva sul palco del Teatro della Pergola accompagnato dalla potente
duttilità di Giuseppe Battiston, nel doppio ruolo di Sir John Falstaff e
di re Enrico IV, sulla partitura drammaturgica di Nadia Fusini,
impreziosita dalla regia di Andrea De Rosa. Il loro buffone
shakespeariano rivela di sé qualcosa di inaspettato e imprevedibile
sotto la maschera solo apparentemente tranquilla che sembra mostrarci.
“Falstaff
ci conquista subito”, ha affermato De Rosa, “ha un amore sfrontato per
la vita, che si manifesta soprattutto nella forma dell’amore per la
lingua, per le parole, per il motto di spirito.”
Un personaggio dirompente, il cui nome compare nell’Enrico VI, parte prima, per poi tornare come personaggio, oltre che ne Le allegre comari di Windsor, nell’Enrico IV e nell’Enrico V, entrambi fonti dell’adattamento di questo Falstaff, come pure il libretto di Arrigo Boito musicato da Giuseppe Verdi e la rivisitazione dell’Enrico IV che Gus Van Sant ha portato sul grande schermo con Belli e dannati (My Own Private Idaho). Nel testo risuonano anche echi da Lettera al padre di Kafka e da Così parlò Zarathustra di Nietzsche.
Il felice incontro di Giuseppe Battiston e Andrea De Rosa con Macbeth del 2012 si rinnova dunque oggi
in un lavoro corale popolato in scena di grandi pance finte. “Il
pensiero che sta dietro a questi oggetti scenici è legato
all’impossibilità di interpretare un carattere come quello di Falstaff”,
ci ha raccontato Battiston, “la sua pancia rimane un mistero: anche per
questo motivo lo scenografo Simone Mannino ha avuto l’intuizione di
creare dei grandi ventri, enorme pance finte, che stanno a simboleggiare
il mondo di Falstaff. Nello specifico la pancia di Falstaff diventa una
cornucopia che dispensa piaceri e, a sua volta, chi indossa queste
pance accede all’animo falstaffiano entrando in questo universo fatto di
eccessi e sfrenatezze.”
Falstaff
è di bontà elementare, come il pane, come il vino, trabocca d’amore;
chiede poco, e alla fine non ottiene nulla. Tutta la canaglieria, le
spiritosaggini da taverna, le bugie e le fanfaronate sono solo un tratto
marginale, solo una maniera di sposare pranzo e cena.
“A
lui non importa niente della salute. Falstaff vuole la sua pancia”,
prosegue De Rosa, “Falstaff vuole la sua libertà, anche quando questa si
presenta come dissoluzione. Il tempo di Falstaff non va da nessuna
parte, è bloccato. Le sue giornate si ripetono sempre uguali, in modo
circolare e inconcludente e in questo stallo improduttivo, in questo
sottrarsi agli impegni e alla maturità sembra crescere e alimentarsi il
segreto e il mito della felicità di questo ciccione e della sua
scombinata banda di amici. O perlomeno della sua allegria perché, a ben
guardare, il bene supremo per Falstaff è proprio l’allegria.”
Il
giovane principe Hal, futuro re Enrico V, viene attratto e risucchiato
in questo mondo e decide di restarvi tutto il tempo che può per
allontanare le responsabilità della corona e del governo. Falstaff
diventa allora un secondo padre, il padre che lui, figlio di re Enrico
IV, non ha mai avuto e non avrà mai. Al centro della messinscena irrompe
così il rapporto padre/figlio: per indagarlo al meglio Andrea De Rosa
ha chiesto a Giuseppe Battiston di interpretare sia il ruolo di Falstaff
che quello di Enrico IV. “Volevamo rappresentare due diverse visioni del rapporto padre/figlio”, ha sottolineato Battiston, “da una parte l’universo Falstaff, con la spensieratezza della gioventù, e dall’altra Enrico IV, con la razionalità del mondo adulto. Quello che più mi ha affascinato di questa figura è il senso di anticonformismo: Falstaff si chiama fuori dal mondo, in qualche modo, e dispensa la sua saggezza.”
Su
questo doppio binario Andrea De Rosa ha spinto la sua regia, separando
nettamente i luoghi dell’azione: da un lato, nella prima parte, la
taverna-bordello di Eastcheap con i suoi giorni sempre uguali, nutriti
di vino, rapine, scherzi, sesso, parole, parolacce, insulti, corpi,
musica, caos, dall’altra il mondo del potere, algido e duro, in cui le
regole spietate dell’assassinio e dell’inganno, che hanno accompagnato
l’ascesa al trono di Enrico IV, devono essere trasmesse al giovane Hal.
“Si
tratta di un personaggio che a volte deride gli altri, a volte arriva
addirittura a rubare”, ha concluso Battiston, “pratica l’eccesso ma,
alla base dei suoi comportamenti, c’è un uomo libero. Seguendo questa
direzione ho cercato di rappresentare Falstaff. L’idea della libertà
mantiene in sé un fascino irrepetibile.”
Il vero Sir John Falstaff è tutto da scoprire.
Del Bimbo Fabrizio
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