mercoledì 3 marzo 2010
La corona di Vittoria della Rovere riemerge dal buio della storia
Ritorna visibile dopo secoli, riemergendo dal buio della storia, un preziosissimo capolavoro d’oreficeria ritenuto perduto, "vittima" delle razzie napoleoniche. E' la corona che Vittoria della Rovere, moglie del granduca Ferdinando II de' Medici, fece realizzare nel 1685 per donarla alle Suore Carmelitane di Borgo Pinti, a Firenze, quale segno della sua devozione per Maria Maddalena de' Pazzi.
La bellissima corona è stata rintracciata, insieme ai documenti che ne testimoniano committenza e caratteristiche, dallo studioso fiorentino Piero Pacini, il quale ne dà notizia in un articolo di approfondimento, corredato da bellissime fotografie a colori, sul nuovo numero di "Medicea. Rivista interdisciplinare di studi medicei" appena uscito in edicola e nelle librerie.
Studioso della Santa fiorentina, Pacini afferma che la corona – appartenente al patrimonio ecclesiastico - è stata rintracciata dopo più di un secolo di assoluto silenzio e oggi, per la prima volta, sul quadrimestrale dedicato alla dinastia Medici si possono vedere le immagini di questo prezioso capolavoro di oreficeria.
Alcuni dettagliati documenti, scoperti nell'archivio delle Carmelitane di Careggi, hanno permesso allo studioso di ricostruire passo dopo passo la fattura di questo straordinario manufatto artistico che Giovanni Comparini e Giuseppe Vanni - i due orafi più richiesti della famiglia medicea - realizzarono utilizzando ben 30,12 once d'oro.
Queste servirono per creare, con lavorazione a filigrana, la corona che venne tempestata di 655 gioie (tra cui 412 diamanti, 80 smeraldi e 114 rubini) per un costo totale di 1800 scudi, che al cambio attuale significherebbero diverse centinaia di milioni di euro.
Nel suo articolo, Pacini aggiunge che la "riscoperta" dell'oggetto, e della relativa documentazione, sono utili sia per valutare il mecenatismo e l'attitudine religiosa della Granduchessa, sia per ricomporre la storia dell'arte della filigrana e dell'oreficeria a Firenze. Infatti, vanno considerate la dispersione e la distruzione delle corone granducali e della maggior parte di quelle aggiunte alle immagini sacre, dalle quali fortunatamente il "dono" di Vittoria della Rovere a Santa Maria Maddalena de' Pazzi si è miracolosamente salvata.
Nell’estate del 1684 le Carmelitane di Borgo Pinti a Firenze ricevono la visita inaspettata della granduchessa Vittoria della Rovere, con al seguito gli orafi Giovanni Comparini e Giuseppe Vanni. La granduchessa ordina alle suore di farle vedere tutte le gioie della Santa per adattarle su una nuova corona che intende realizzare e donare insieme ad una nuova urna. Dalla cronaca trapela il carattere autoritario di Vittoria delle Rovere che impone la sua volontà alle Carmelitane benché sottoposte all’autorità ecclesiale ma non a quella granducale. Se la realizzazione dell’urna andrà per le lunghe, la corona sarà terminata in meno di dieci mesi, sia per il prestigio dell’ambiziosa granduchessa che per le attese delle Carmelitane.
Per circa due secoli la corona voluta da Vittoria della Rovere sarà mostrata ai fedeli in occasione delle brevi e solenni esposizioni della Santa, mentre successivamente le esposizioni si diraderanno e sulla testa della Santa apparirà una corona più comune, ornata di pietre di scarso valore. I documenti dell’epoca tacciono su questo particolare, ma la rimozione della corona è sicuramente riconducibile a un momento di forti difficoltà economiche del monastero, in cui numerose opere d’arte vengono vendute tra cui anche la corona. Una tarda cronaca del 1902 riporterà infine che il signore che l’aveva acquistata ha disposto che ritorni alla Santa dopo la sua morte, cosa che accadrà per mano degli eredi. Qualche decennio più tardi, sia per lo stato di precarietà causato dalle guerre, sia per la paura di furti, sul capo della santa sarà posta una corona più modesta, mentre il prezioso oggetto sarà custodito dai responsabili del Patrimonio Ecclesiastico, dove Pacini l'ha riscoperta dopo quasi due secoli.
Nicoletta Curradi
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