TORNO (Quasi) SUBITO” è una mostra che presenta sei grandi superfici che raccolgono, come un mosaico, quadri realizzati nel 2013 e 2014. Il
titolo evidenzia un dato di fatto in un certo senso personale: dopo
molti anni di assenza dal settore, l’artista Arturo Reboldi torna
(quasi) subito a dipingere, proponendo un lavoro che non è solo una
meditazione sul fare pittura, ma anche una riflessione sull’identità
dell’artista stesso.
L’esposizione, allestita nella Limonaia di Palazzo Medici Riccardi fino al 22 luglio 2014, è costituita da quarantasei pitture su tavole di legno
di differenti dimensioni fruibili in un particolare display dove i
quadri sono accostati l’uno sull’altro e l’uno accanto all’altro in modo
da formare sei grandi pannelli pittorici. In questo modo i singoli
ritratti, i paesaggi e le scene conviviali, che sono raffigurati in uno stile al limite tra il figurativo e l’astratto, acquistano una nuova lettura di tipo corale e collettiva.
I quadri che compongono le pareti pittoriche come se fossero dei
collage di tante storie parallele seppur connesse, appartengono a tre
differenti categorie di genere: il ritratto, il paesaggio e la scena conviviale.
Reboldi adotta volutamente questi generi codificati a metà ottocento da
parte della nuova borghesia per indagarne da vicino la loro identità,
la loro attualità e per immetterli in una discussione propositiva e
aperta. Per questo motivo sono nati dei veri e propri cicli, che portano
i titoli significativi di “Qualunque cosa mi capita di pensare”,
“Chiunque mi capita di vedere”, “Ovunque mi capita di andare”.
La storia di Arturo Reboldi è parte integrante della sua opera
artistica. Dopo anni passati nei territori limitrofi all’arte,
principalmente nel design e nell’architettura, dopo aver lavorato a
importanti committenze (come Oliviero Toscani, Michelangelo Pistoletto e
Jannis Kounellis) - nei quali le relazioni tra
arte e/o arte applicata hanno rappresentato un dibattito acceso e spesso
conflittuale - Reboldi ritorna alla pittura, alla gestualità e
soprattutto alla solitudine del lavoro.
Un percorso personale in antitesi alla progettualità, alla relazione
tra oggetto e committenza e al lavoro collettivo di studio che non
rappresenta tanto la negazione delle precedenti esperienze, ma il suo
superamento.
In un’epoca di iperprogettazione generalizzata è nata nell’artista
l’esigenza di tornare a un isolamento affollato di immagini mentali; un
bisogno di scollegarsi dalla prevedibilità progettuale per concentrarsi
nell’istante quotidiano.
Il confronto con lo spazio della tela, o della tavola, non è un
chiudersi alla complessità del mondo, ma semmai un processo che
chiarisce, rende più evidenti e tangibili le cose che ci circondano.
Questo rischiaramento si produce per e con l’artista, l’oggetto che ne
risulta, il quadro dipinto, può quindi produrre nello spettatore, nello
sguardo che osserva, lo stesso chiarore.
Il catalogo della mostra raccoglie e ordina, oltre ai lavori esposti,
l’attività degli ultimi tre anni e contiene scritti di Alberto Mugnaini,
Lorenzo Bruni e Jean-Marie Reynier.
Nicoletta Curradi
Nessun commento:
Posta un commento