La mostre è composta con opere di 16 artisti, una quarantina di bozzetti e studi
autografi originali per manifesti pubblicitari e copertine di libri o
riviste dal 1910 al 1950. A questi si aggiunge una collezione di
ritratti degli artisti stessi, autoritratti oppure ritrattati da altri
loro colleghi – Come Giacomo Balla per Duilio Cambellotti, o Lorenzo
Viani e Aldo Carpi nel caso di Anselmo Bucci – che vuol fornire una
galleria quasi completa delle ispirate fisionomie dei pittori
illustratori presenti, quasi a voler trovare nei volti il carattere
stesso delle loro opere. La mostra si concentra sul lavoro preparatorio
ed originale, sull’opera unica che dà luogo al manifesto pubblicitario,
poi riprodotto e diffuso in migliaia di copie. Si presenta la
cartellonistica come un’arte a sé, ma che ha accolto rapidamente i
contributi delle avanguardie artistiche trasformandole in stile alla
moda, educando le masse al gusto artistico, ma anche gli artisti alle
necessità del gusto delle masse, sforzandoli ad essere compresi e a
catturare l’attenzione del pubblico senza nessun filtro culturale.
Tra gli artisti più noti è Mario Sironi (1885-1961). In quanto caposcuola a lui spetta la parte del leone, con ben otto sue creazioni, tra tempere, disegni ed un olio su cartone di potente efficacia sintetica. Si va da uno studio per il manifesto della “Mostra della Rivoluzione Fascista” del 1932 alla locandina del film “Scipione l’Africano” di Carmine Gallone del 1937, dal bozzetto di una copertina per la rivista mussoliniana “Gerarchia” al bozzetto per un manifesto della “Medea” di Euripide, interpretata ad Ostia antica nel 1949 da Sarah Ferrati.
Di grande suggestione è il dipinto a olio, memore delle composizioni del periodo futurista. È un bozzetto per un manifesto, forse per i Motori d’Aereo Fiat, in cui la sagoma essenziale di un velivolo dalle ali affilate taglia precisa una scia nel cielo notturno.
Secondo per numero di opere presenti è Umberto Brunelleschi (1879-1949), elegante illustratore, scenografo e costumista attivo a Parigi negli ultimi anni della Belle Epoque e tra le due guerre. Di lui si presentano una trionfale pubblicità per la Fiat 508 Balilla del 1932, due studi per il Cacao Van Houten, altri due per un aperitivo, ed infine uno per un ballo in maschera ispirato al ’700 veneziano per un esclusivo circolo parigino.
Artista poliedrico, illustratore, incisore, pittore, ceramista e disegnatore di mobili, Aleardo Terzi (1870-1943) è noto soprattutto come cartellonista. I suoi bozzetti pubblicitari dai colori squillanti, perfetti collage rifiniti a tempera, celebrano i Grandi Magazzini Mele di Napoli (1910), le famose pastiglie Formitrol (1930) e la popolare Ovomaltina (1930), a tutt’oggi nella condivisa memoria infantile di ognuno.
Rivoluzionario agente di modernità fu Fortunato Depero (1892-1960), che riuscì a trasfondere la capacità di autopromozione e l’impatto delle immagini sintetiche che furono del movimento futurista in funzione del mezzo pubblicitari. Depero stemperò il carattere aggressivo e provocatorio del futurismo originale in senso ironico e giocoso, mutando così lo stile stesso della pubblicità, non solo italiana, del primo dopoguerra. Della seconda metà degli anni venti sono le prime idee, velocemente schizzate a matita rossa e blu, per il Bitter Campari a cui Depero dedicò innumerevoli spiritosissime invenzioni, e per le Matite Presbitero per le quali l’artista escogitò la futuristica trovata di un uomo-lapis, robot e giocattolo, d’indimenticabile suggestione.
Futurista fu anche il pavese Gino Giuseppe Soggetti (1898-1958) di cui è un bozzetto, sempre per il Bitter Campari, grafica sintesi in bianco e nero ispirata dalla tastiera di un pianoforte. “Futursimultanisti” si proclamarono invece Augusto Favalli (1912-1969) e Domenico Belli (1903-1983) che qui collaborano in due tempere per manifesti (1935), una dedicata alla 9a Fiera di Tripoli – “Mostra del Cavallo Arabo, del mehara (dromedario), dello Zebù” – e l’altra per la Seconda Quadriennale di Roma, entrambe influenzate da Sironi, ma leggere e piacevoli nel loro carattere essenziale.
Di ispirazione cubo-futurista, è la solare natura morta con bottiglia, pipa, e bicchiere, dipinto a tempera nel 1934 dal giovane Bruno Munari (1907-1998), il famoso artista designer e poligrafo. È uno studio per pubblicità per il Cordial Campari, non caratterizzato da nessuna scritta che lo identifichi, se non dall’enfasi surreale data al motivo della greca stampata entro una fascia a rilievo che gira attorno alla bottiglia, una linea che Munari astrae dal solido dell’oggetto, facendola scorrer via come un’onda grafica, un messaggio di identificazione del prodotto che anche un analfabeta potrebbe leggere.
Di Marcello Dudovich (1878-1962), due tavole, quasi figurini per mode, celebrano la donna audace, più che emancipata, che fu l’ideale costante dell’artista triestino.
Del poliedrico Duilio Cambellotti (1876-1960) è il cartone preparatorio, per un’affissione turistica, dedicato alle Terme di Chianciano accanto al quale si espone il manifesto effettivamente stampato. Di Vittorio Grassi (1878-1958), emulo del precedente, è esposto invece il grande prototipo, ad olio su tela, alto due metri, presentato al concorso per il manifesto ufficiale per l’Esposizione Internazionale di Roma del 1911. Raffigura uno dei Dioscuri del Quirinale sotto un cielo stellato, e si aggiudicò il secondo posto, dopo il vincitore, che fu proprio Duilio Cambellotti.
Ancora una pubblicità, del Campari Soda, mostra una sirena sdraiata sulla sabbia a prendere il sole con la caratteristica bottiglietta a tronco di cono. È opera del caustico e brillante disegnatore Enrico Sacchetti (1877-1967), e mostra la sirena a seno nudo, sicuramente una prima versione, un po’ più audace, della pubblicità che fu stampata, in cui la sirena è sdraiata a pancia in giù.
Stessa ambientazione estiva per il prodotto allora concorrente, il Cinzano Soda, con ben altro bagnante, un buffo omino blu che si confonde con il colore del marchio per metà rosso come la bevanda, in un bozzetto di grande dimensioni per un poster inventato e dipinto a tempera (1950) da Raymond Savignac (1907-2002), inconfondibile e divertente affichiste parigino che ha molto lavorato in Italia nel dopoguerra.
Tra le tavole per copertine spicca la serie per la rivista “Le Carte Parlanti” della casa editrice Vallecchi, un tripudio di vulcaniche invenzioni di Mino Maccari, il più spiritoso dei disegnatori italiani del Novecento.
Illustratore bizzarro e inconfondibile fu Raoul Chareun (1889-1949), in arte Primo Sinopico, di cui qui sono tre rare tavole, un elefante che porge un fiore a una farfalla, un trio di buffi scoiattoli su un albero che sta per essere abbattuto e una palestra ginnica animata da omini filiformi che sono l’invenzione più tipica delle sue illustrazioni.
Anselmo Bucci (1887-1955), pittore e scrittore, sviluppò la sua carriera al contrario, dall’avanguardia alla tradizione, ma mantenendo sempre una magistrale eccellenza nel disegno, come mostrano le mani femminili che illustrarono un libro di poesie di Diego Valeri nel 1915, oppure il ritratto delle sue stesse mani di pittore al lavoro, disegnate forse per ornare il catalogo della mostra dell’Autoritratto italiano tenutasi alla Famiglia Artistica di Milano nel 1916.
Completa la mostra una tavola della pittrice trevigiana Tina Tommasini (1902-1985), un’allegra carta d’Italia con l’indicazione dei vini più famosi delle sue regioni.
Rintracciate sul mercato nel corso degli anni, queste opere, con la loro stessa capacità di richiamo rimasta intatta dagli anni in cui furono create, ma arricchite anche dal fascino del secolo trascorso e della storia passata d’Italia che esse aiutano a raccontare, si propongono al pubblico in generale, e ai collezionisti in particolare, come oggetti di ammirazione e di possesso proprio in coincidenza con la Biennale d’antiquariato di Firenze, quando la città, almeno per l’arte, torna ad essere un po’ capitale d’Italia.
Tra gli artisti più noti è Mario Sironi (1885-1961). In quanto caposcuola a lui spetta la parte del leone, con ben otto sue creazioni, tra tempere, disegni ed un olio su cartone di potente efficacia sintetica. Si va da uno studio per il manifesto della “Mostra della Rivoluzione Fascista” del 1932 alla locandina del film “Scipione l’Africano” di Carmine Gallone del 1937, dal bozzetto di una copertina per la rivista mussoliniana “Gerarchia” al bozzetto per un manifesto della “Medea” di Euripide, interpretata ad Ostia antica nel 1949 da Sarah Ferrati.
Di grande suggestione è il dipinto a olio, memore delle composizioni del periodo futurista. È un bozzetto per un manifesto, forse per i Motori d’Aereo Fiat, in cui la sagoma essenziale di un velivolo dalle ali affilate taglia precisa una scia nel cielo notturno.
Secondo per numero di opere presenti è Umberto Brunelleschi (1879-1949), elegante illustratore, scenografo e costumista attivo a Parigi negli ultimi anni della Belle Epoque e tra le due guerre. Di lui si presentano una trionfale pubblicità per la Fiat 508 Balilla del 1932, due studi per il Cacao Van Houten, altri due per un aperitivo, ed infine uno per un ballo in maschera ispirato al ’700 veneziano per un esclusivo circolo parigino.
Artista poliedrico, illustratore, incisore, pittore, ceramista e disegnatore di mobili, Aleardo Terzi (1870-1943) è noto soprattutto come cartellonista. I suoi bozzetti pubblicitari dai colori squillanti, perfetti collage rifiniti a tempera, celebrano i Grandi Magazzini Mele di Napoli (1910), le famose pastiglie Formitrol (1930) e la popolare Ovomaltina (1930), a tutt’oggi nella condivisa memoria infantile di ognuno.
Rivoluzionario agente di modernità fu Fortunato Depero (1892-1960), che riuscì a trasfondere la capacità di autopromozione e l’impatto delle immagini sintetiche che furono del movimento futurista in funzione del mezzo pubblicitari. Depero stemperò il carattere aggressivo e provocatorio del futurismo originale in senso ironico e giocoso, mutando così lo stile stesso della pubblicità, non solo italiana, del primo dopoguerra. Della seconda metà degli anni venti sono le prime idee, velocemente schizzate a matita rossa e blu, per il Bitter Campari a cui Depero dedicò innumerevoli spiritosissime invenzioni, e per le Matite Presbitero per le quali l’artista escogitò la futuristica trovata di un uomo-lapis, robot e giocattolo, d’indimenticabile suggestione.
Futurista fu anche il pavese Gino Giuseppe Soggetti (1898-1958) di cui è un bozzetto, sempre per il Bitter Campari, grafica sintesi in bianco e nero ispirata dalla tastiera di un pianoforte. “Futursimultanisti” si proclamarono invece Augusto Favalli (1912-1969) e Domenico Belli (1903-1983) che qui collaborano in due tempere per manifesti (1935), una dedicata alla 9a Fiera di Tripoli – “Mostra del Cavallo Arabo, del mehara (dromedario), dello Zebù” – e l’altra per la Seconda Quadriennale di Roma, entrambe influenzate da Sironi, ma leggere e piacevoli nel loro carattere essenziale.
Di ispirazione cubo-futurista, è la solare natura morta con bottiglia, pipa, e bicchiere, dipinto a tempera nel 1934 dal giovane Bruno Munari (1907-1998), il famoso artista designer e poligrafo. È uno studio per pubblicità per il Cordial Campari, non caratterizzato da nessuna scritta che lo identifichi, se non dall’enfasi surreale data al motivo della greca stampata entro una fascia a rilievo che gira attorno alla bottiglia, una linea che Munari astrae dal solido dell’oggetto, facendola scorrer via come un’onda grafica, un messaggio di identificazione del prodotto che anche un analfabeta potrebbe leggere.
Di Marcello Dudovich (1878-1962), due tavole, quasi figurini per mode, celebrano la donna audace, più che emancipata, che fu l’ideale costante dell’artista triestino.
Del poliedrico Duilio Cambellotti (1876-1960) è il cartone preparatorio, per un’affissione turistica, dedicato alle Terme di Chianciano accanto al quale si espone il manifesto effettivamente stampato. Di Vittorio Grassi (1878-1958), emulo del precedente, è esposto invece il grande prototipo, ad olio su tela, alto due metri, presentato al concorso per il manifesto ufficiale per l’Esposizione Internazionale di Roma del 1911. Raffigura uno dei Dioscuri del Quirinale sotto un cielo stellato, e si aggiudicò il secondo posto, dopo il vincitore, che fu proprio Duilio Cambellotti.
Ancora una pubblicità, del Campari Soda, mostra una sirena sdraiata sulla sabbia a prendere il sole con la caratteristica bottiglietta a tronco di cono. È opera del caustico e brillante disegnatore Enrico Sacchetti (1877-1967), e mostra la sirena a seno nudo, sicuramente una prima versione, un po’ più audace, della pubblicità che fu stampata, in cui la sirena è sdraiata a pancia in giù.
Stessa ambientazione estiva per il prodotto allora concorrente, il Cinzano Soda, con ben altro bagnante, un buffo omino blu che si confonde con il colore del marchio per metà rosso come la bevanda, in un bozzetto di grande dimensioni per un poster inventato e dipinto a tempera (1950) da Raymond Savignac (1907-2002), inconfondibile e divertente affichiste parigino che ha molto lavorato in Italia nel dopoguerra.
Tra le tavole per copertine spicca la serie per la rivista “Le Carte Parlanti” della casa editrice Vallecchi, un tripudio di vulcaniche invenzioni di Mino Maccari, il più spiritoso dei disegnatori italiani del Novecento.
Illustratore bizzarro e inconfondibile fu Raoul Chareun (1889-1949), in arte Primo Sinopico, di cui qui sono tre rare tavole, un elefante che porge un fiore a una farfalla, un trio di buffi scoiattoli su un albero che sta per essere abbattuto e una palestra ginnica animata da omini filiformi che sono l’invenzione più tipica delle sue illustrazioni.
Anselmo Bucci (1887-1955), pittore e scrittore, sviluppò la sua carriera al contrario, dall’avanguardia alla tradizione, ma mantenendo sempre una magistrale eccellenza nel disegno, come mostrano le mani femminili che illustrarono un libro di poesie di Diego Valeri nel 1915, oppure il ritratto delle sue stesse mani di pittore al lavoro, disegnate forse per ornare il catalogo della mostra dell’Autoritratto italiano tenutasi alla Famiglia Artistica di Milano nel 1916.
Completa la mostra una tavola della pittrice trevigiana Tina Tommasini (1902-1985), un’allegra carta d’Italia con l’indicazione dei vini più famosi delle sue regioni.
Rintracciate sul mercato nel corso degli anni, queste opere, con la loro stessa capacità di richiamo rimasta intatta dagli anni in cui furono create, ma arricchite anche dal fascino del secolo trascorso e della storia passata d’Italia che esse aiutano a raccontare, si propongono al pubblico in generale, e ai collezionisti in particolare, come oggetti di ammirazione e di possesso proprio in coincidenza con la Biennale d’antiquariato di Firenze, quando la città, almeno per l’arte, torna ad essere un po’ capitale d’Italia.
Del Bimbo Fabrizio
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