Il Palazzo Pitti a Firenze accoglierà un evento espositivo di grande fascino e di enorme rilevanza storico-artistica.
Nelle monumentali sale del Museo degli Argenti, si terrà la mostra I TESORI DELLA FONDAZIONE BUCCELLATI. Da Mario a Gianmaria, 100 anni di storia dell’arte orafa,
frutto della collaborazione tra la Fondazione Gianmaria Buccellati e la
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, che
presenterà una selezione di oltre cento opere, tra gioielli, lavori di oreficeria e di argenteria disegnati da Mario e
Gianmaria Buccellati, due tra i nomi più
significativi del panorama orafo mondiale, eredi della illustre
tradizione italiana, fiorita nel Rinascimento con Benvenuto Cellini, uno
dei massimi artisti di ogni epoca.
Fu proprio seguendo i canoni rinascimentali che Mario Buccellati,
definito da Gabriele d’Annunzio, di cui fu amico e sodale, il ‘Principe
degli orafi’, creava le sue opere, reinterpretandole in modo
assolutamente personale, unico e facilmente riconoscibile. A lui, va
assegnato il merito di aver fatto conoscere lo ‘stile Buccellati’ capace
di diventare un mito dell’arte orafa, apprezzato dai membri delle case
regnanti, da pontefici e uomini di cultura.
La rassegna si aprirà con un omaggio a Mario Buccellati (Ancona, 1891
- Milano, 1965). Saranno esposti alcuni tra i pezzi più preziosi ideati
dal fondatore del marchio, come i bracciali, le spille o la tiara,
lavorati a ‘tulle’ o a ‘nido d’ape’, vero segno distintivo di Casa
Buccellati, in cui la finezza del traforo è esaltata dall’incastonatura
dei brillanti e delle pietre preziose.
Il suo legame di complicità con il Vate è testimoniato da un
bracciale in argento ritorto decorato con cinque lapislazzuli, contenuto
in un astuccio firmato personalmente da d’Annunzio, da una collana in
oro giallo, decorata con un berillo e rubini, offerta a Eleonora Duse
come gioiello “prezioso, ancorché bizzarro”, da indossare come “serto
ombelicale” e da oggetti quali portagioie e portasigarette con incisi
motti e immagini cari al poeta e un portapillole recante l’iscrizione di
una delle espressioni preferite da d’Annunzio, “Io ho quel che ho
donato”.
Lo studio, le conoscenze tecniche e i segreti di lavorazione
dell’argento antico, hanno portato Mario Buccellati a riprodurre
fedelmente otto coppe del tesoro di Boscoreale, il sito archeologico
vicino a Pompei, dove sorgeva la villa “della Pisanella”, sepolta dalla
lava a seguito dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Gli elementi che
più colpiscono sono le decorazioni a rilievo, sbalzate dall’interno e
rinvigorite martellandole dall’esterno.
Il percorso allestito all’interno del museo fiorentino proseguirà con
la sezione dedicata a Gianmaria Buccellati (Milano, 1929), il cui
talento precoce - disegnò il primo gioiello a dodici anni - fu
incoraggiato dal padre per continuare la tradizione di famiglia. Come ha
avuto modo di affermare lo stesso Gianmaria, “Mio padre non mi ha
insegnato le tecniche di lavoro, come io non le ho insegnate a mio
figlio. Quello che avviene è la trasmissione del pensiero, la visione,
l’esperienza lavorativa e l’assorbimento della tradizione”.
“Volevo ‘rubare’ - continua - i segreti di mio padre, così da poterli
aggiungere ai miei e in questo modo acquisire un’identità differente
dalla sua. Ognuno di noi procede con il proprio istinto, avendo però
assimilato i principi e le tecniche della nostra storia”.
Il luogo che accoglie i capolavori di Gianmaria Buccellati risulta
particolarmente evocativo della sua vicenda personale. Fu proprio
visitando, nel 1968, il Museo degli Argenti – dove sono conservati i
celebri vasi in pietre dure di Lorenzo de Medici nonché i gioielli
dell’Elettrice Palatina, oltre agli splendidi lavori di oreficeria del
tesoro della famiglia Medici - che Gianmaria Buccellati colse
l’ispirazione per cimentarsi nella realizzazione di opere che, pur
rivaleggiando per ricchezza e splendore con quelle medicee, fossero
espressione delle sue personali ricerche tecniche e formali.
Fu così che nacquero gli Oggetti preziosi, come sono stati definiti dallo stesso Gianmaria, pezzi unici, quali coppe, vasi e scatole
appartenenti alla sua collezione personale che lui stesso disegnò e
realizzò. Sono manufatti che testimoniano il suo forte legame e il suo
costante rapporto con la cultura rinascimentale, barocca e rococò
italiana e del resto d’Europa. Tra questi spicca ‘La Coppa dell’Amore’
(1975), ispirata da un motivo rococò che, con l’eleganza delle forme
femminili, sottolinea l’immagine più alta dello spirito dell’amore. I
motivi a rouches decorano un bellissimo pezzo antico di diaspro
rosso, mentre Venere e tre cupidi, eseguiti con la tecnica della cera
persa, sembrano muoversi nell’acqua e nell’aria.
Il rispetto che Mario, prima, e Gianmaria Buccellati, in seguito,
avevano nutrito verso le tecniche rinascimentali e medicee è
rappresentato, tra gli altri, da straordinari pezzi, come lo ‘Scrigno mediceo’,
un prezioso manufatto di forma decagonale, primo oggetto pensato e
realizzato da Gianmaria Buccellati per la sua collezione. Esso riprende i
motivi d’ispirazione classica, dai volumi particolarmente originali,
che si rifanno ai più celebrati canoni architettonici dell’epoca
rinascimentale, al disegno decorativo che riprende i particolari delle
formelle o lesene dei marmi o dei legni dell’epoca, fino ad arrivare ai
colori essenziali dell’oro dell’acciaio e dei brillanti.
Le decorazioni, in oro traforato e modellate con incisioni
raffinatissime, sono riportate su lastra d’acciaio brunito color canna
di fucile, a loro volta fissate all’interno di profili che segnano le
forme della scatola. Tutti i profili sono modellati a foglie ricorrenti
mentre, al centro del coperchio, un rosone incassato in brillanti, si
equilibra con i brillanti nei piccoli rosoni che completano la
decorazione delle formelle.
Anche la purezza delle forme neoclassiche influenzò Gianmaria Buccellati. Ne è un esempio il ‘Cratere delle Muse’
(1981), una coppa di giada che celebra il mito delle nove divinità
delle arti nella tradizione greca. Particolarmente intenso è il
contrasto di colori tra il verde del blocco di giada e l’oro giallo e
l’argento, tempestati con oltre 2000 zaffiri cabochon, della base e del
bordo, sul quale sono incisi i nomi delle muse.
Accompagna la mostra un catalogo Skira.
Info: tel. 055 294883 |
Nessun commento:
Posta un commento