venerdì 31 luglio 2015

Il regista Mario Monicelli ricordato al Fiuggi Film Festival


Nel centenario della nascita e nel quarantennale del film Amici miei, il regista Mario Monicelli e' stato ricordato al Fiuggi Film Festival 2015 con la presentazione di un libro-intervista pubblicato nel 2001 da Mariano Sabatini e Oriana Maerini per le Edizioni Scientifiche Italiane con il titolo  "Intervista a Mario Monicelli – La sostenibile leggerezza del cinema", Oriana Maerini ha incontrata giornalisti e giovani studenti presenti al Festival.
In questo breve e agile volume, che vuole essere un approccio leggero al cinema,  l’anziano  regista di Viareggio , pur non sottraendosi alle tante domande diluite in numerosi sabati,  ha detto come la pensa realmente sul suo mestiere di regista, in un momento in cui si moltiplicavano, come tuttora, le occasioni di revival del cinema italiano degli anni '50 e '60, quando i cinema erano molto affollati.


 La Maerini ha ricordato alcune risposte di Monicelli, che non voleva assolutamente essere chiamato maestro, se mai artigiano del cinema: per esempio, il fatto di non avere paura del mare agitato fin da quando era piccolo, oppure il ripetersi di scene di funerali nei suoi film, tentativo di esorcizzare la morte. Monicelli e' stato l'iniziatore della commedia all'italiana, e' lui che ha creato il lato  comico di attori drammatici come Vittorio Gassman (La grande guerra) e Monica Vitti (La ragazza con la valigia) Un altro ricordo riguarda Romanzo popolare, in cui il regista volle con decisione l'attrice Ornella Muti, anche se lei era incinta a 18 anni: per la Muti, ragazza-madre, rappresento' una grande opportunità'.
L'autrice ha raccontato che, all'epoca dell'intervista, il regista viveva ancora con la famiglia, ma pochi anni più' tardi, a 92 anni, di eta' si e' ritirato a vivere da solo in un monolocale per non essere compatito e assistito nella vecchiaia: questo la dice lunga sulla ruvidezza del suo carattere. Per lui, come già' per suo padre, nella vita era molto importante il lavoro: una vo,tra perduto, meglio morire. E il padre infatti si era suicidato...la stessa sorte che poi e' accaduta al cineasta.
“Io ho una mia teoria: in genere l’attore meno sa, meglio rende sul set". Di frecciate come questa il libro è pieno, come anche di sarcasmo e “tipi" umani, come la maggior parte della filmografia di uno degli autori cardine di quel ‘neorealismo rosa’ che ha fatto la storia del nostro cinema. Monicelli trasmetteva sicurezza anche agli attori più' insicuri.
 Nella prefazione Walter Veltroni rivela i titoli da lui più amati (Guardie e ladri, La grande guerra, I nuovi mostri, Amici miei, Un borghese piccolo piccolo), mette in luce la dissacrazione storica e sociale che pervade tutto il cinema di Monicelli, attento non solo alla risata ma anche alla riflessione politica. “Il governo degli Stati Uniti tutela il suo cinema con leggi studiate appositamente, cosa che qui non accade. Il nostro cinema, poiché spesso antigovernativo e prima antidemocristiano, è sempre stato malvisto e talvolta boicottato".
Le ultime pagine raggruppano i ricordi di circa venti personalità del cinema italiano, come Pupi Avati, Ennio De Concini, Giacomo Campiotti, Leo Benvenuti, Nicola Piovani e Vittorio Gassman.

I giovani d'oggi dovrebbero vedere le pellicole di Mario Monicelli, spaccato di una società' che non c'è' più', ma che bisogna assolutamente conoscere per capire l'essenza umana e i valori del cinema italiano.

Fabrizio Del Bimbo

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