Una efficace politica industriale è oggi necessaria per rilanciare lo sviluppo del Paese. Questo l’obiettivo strategico che tutti i soggetti istituzionali ed economici si impegnano a perseguire. E’ quanto emerge dal convegno “Alla ricerca di una nuova politica industriale. Dall’Europa ai territori”, organizzato da Banca CR Firenze e Confindustria Toscana Piccola Industria presso l’auditorium di Banca CR Firenze.
La
globalizzazione ha scatenato una contesa agguerrita sulla
localizzazione delle attività economiche tra le diverse aree produttive
del pianeta, con il prevalere alcune a discapito
di altre. A questo si somma l’emergenza della crisi economica, che
reclama risposte che solo la politica industriale può tornare a dare.
Puntare sul manifatturiero per rilanciare lo sviluppo è quindi vitale nelle politiche di Unione Europea, USA, Cina:
le politiche fiscali e monetarie stanno dimostrando di non riuscire più
ad essere risolutive, anche per i numerosi vincoli che ne rendono
difficile un ulteriore loro utilizzo per rilanciare la crescita.
Anche i
segnali a livello internazionale vedono un progressivo miglioramento
della produttività industriale, con un positivo effetto anche sul
nostro Paese: a novembre 2013 il fatturato dell’industria italiana,
dopo 22 mesi di cali consecutivi, torna a crescere (+0,9%), insieme agli
ordinativi (+2,3%).
L’Italia può credere nella ripresa grazie alla storica forza della sua industria manifatturiera, seconda in Europa solo alla Germania.
Alla
luce di tali considerazioni, il convegno è stata l’occasione di
confronto tra rappresentanti istituzionali europei, regionali ed
industriali - insieme
a banche, imprese e lavoratori - su come orientare scelte e proposte
verso obiettivi chiari di politica industriale, indirizzati a
generare nuove idee per lo sviluppo, investire sulle conoscenze distintive per le filiere produttive di eccellenza,
salvaguardare dalla crisi finanziaria il tessuto produttivo, rafforzare la fascia di
imprese strutturate capaci di crescere in modo sostenuto, dare immediati
impulsi alla crescita.
L’ampia e autorevole platea degli interventi è stata inaugurata da
Giuseppe Morbidelli, Presidente Banca CR Firenze, e da
Pierfrancesco Pacini, Presidente Confindustria Toscana, a cui è seguita la relazione di
Antonio Tajani, Vicepresidente Commissione Europea e Responsabile industria e imprenditoria.
A
livello legislativo l’Unione Europea ha varato un’innovativa politica
industriale integrata, mentre l’Italia, nell’ultimo biennio, ha preso
alcune misure
importanti benché non ancora del tutto attuate. Il quadro complessivo
della nostra politica industriale resta ancora debole, tra problemi di
sovrapposizione e confusione tra competenze nazionali e regionali e tempi di applicazione decisamente troppo lunghi
rispetto alle necessità di risposte rapide ed efficaci.
La
relazione del Vicepresidente Tajani ha sollecitato il dibattito
nell’ambito della tavola rotonda, che ha visto istituzioni locali,
imprese e lavoratori a
confronto: Enrico Rossi, Presidente Regione Toscana, Giuseppe Ponzi, Presidente Confindustria Toscana Piccola Industria,
Gianluigi Viscardi, Presidente Confindustria Lombardia Piccola Industria, e
Alessio Gramolati, Segretario Generale CGIL Toscana.
E’ emersa la conferma che
mai come oggi esista un consenso larghissimo e uno straordinario impegno nel rimettere
l’industria manifatturiera al centro dell’azione di governo europea, nazionale e locale.
Le istituzioni - dall’Europa, agli Stati, alle Regioni - condividono le
linee fondanti delle azioni da intraprendere, le parti sociali
approvano documenti comuni,
Regioni di diverso orientamento politico - come Toscana e Lombardia -
attribuiscono priorità al rilancio del manifatturiero, approvano nuove
leggi per la competitività e delineano programmi non dissimili. Le
Regioni, in particolare, sono oggi in una fase importante
perché stanno programmando l’utilizzo dei Fondi Strutturali europei per
il periodo 2014/2020 e stanno definendo le nuove
Smart Specialization Strategies, attraverso le quali si sta
impostando un approccio basato sulle conoscenze strategiche per lo
sviluppo di filiere industriali, superando l’approccio delle politiche
settoriali.
Con gli interventi di Alberto Baban, Presidente Confindustria Piccola Industria, e di
Giuseppe Coco, Professore
ordinario di Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze per
l'Economia e l'Impresa dell’Università di Firenze,
si è ribadito il ruolo centrale
dell’impresa e della politica industriale anche nelle recenti
iniziative avviate a livello nazionale extra governativo. Basti pensare
al
documento “Un progetto di Confindustria per l’Italia – crescere si può, si deve”
o a quello, sottoscritto di proposte comuni al Governo sottoscritto da
Confindustria, CGIL, CISL e UIL lo scorso settembre: l’esigenza di
rilanciare la politica
industriale è condivisa dalle parti sociali e sostanziata con una serie
di priorità e misure concrete. Le imprese, in particolare, chiedono una
nuova politica industriale in cui il fisco assuma un ruolo chiave:
ridurre il carico fiscale su lavoro e imprese,
utilizzando la leva fiscale anche per rilanciare gli investimenti
produttivi e il rinnovo tecnologico delle imprese nonché il loro
rafforzamento patrimoniale.
Le conclusioni sono state affidate a
Gian Maria Gros Pietro, Presidente Consiglio di Gestione Intesa Sanpaolo. La
sfida posta dalla nuova complessità degli attori, a livello
istituzionale, economico e sociale, richiede forme diverse
di programmazione e di gestione della politica industriale. Le banche,
come Intesa Sanpaolo e tutte la banche del Gruppo che a livello locale
sostengono ogni giorno le imprese sui territori, sono pronte ad essere
parte attiva nel processo di condivisione delle
strategie e nel supporto alle iniziative avviate, puntando con
decisione su una nuova politica industriale che, con un
salto di qualità, si affermi come uno strumento essenziale di governo dell’economia nel nostro Paese.
Cruciale resta però la sfida dei tempi,
poiché tra la definizione delle politiche e la loro
esecuzione intercorre un lasso di tempo che, ancora oggi, fa perdere
efficacia agli interventi: le modalità attuative sono il vero nodo,
poiché la qualità e l’efficacia delle politiche si giocano ancora troppo
sugli aspetti gestionali.
Fabrizio Del Bimbo
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