mercoledì 17 giugno 2015

Prima nazionale di Medea al Teatro Romano di Fiesole

venerdì 19 e sabato 20 giugno ore 21.15, Teatro Romano di Fiesole, PRIMA NAZIONALE

 
 

Fondazione Teatro della Toscana
Teatro Stabile di Napoli
MEDEA
di Euripide
traduzione Maria Grazia Ciani
adattamento Gabriele Lavia
personaggi, interpreti
Medea, Federica Di Martino
Giasone, Daniele Pecci
Creonte, Umberto Ceriani
Nutrice, Angiola Baggi
Pedagogo, Pietro Biondi
Messaggero, Gabriele Anagni
Figli di Medea, Sofia De Angelis, Giulia Horak
Coro, Silvia Biancalana, Maria Laura Caselli, Claudia Crisafio, Flaminia Cuzzoli, Giulia Gallone, Silvia Maino, Diletta Masetti, Katia Mirabella, Sara Missaglia, Francesca Muoio, Marta Pizzigallo, Malvina Ruggiano, Anna Scola, Lorenza Sorino
regia Gabriele Lavia
scenografia Alessandro Camera
costumi Alessio Zero
musiche Andrea Nicolini – Giordano Corapi
luci Michelangelo Vitullo
Durata: 1h e 20’ circa, atto unico
 
Venerdì 19 e sabato 20 giugno una grande prima nazionale al Teatro Romano di Fiesole: Medea con la regia di Gabriele Lavia. La Fondazione Teatro della Toscana e il Teatro Stabile di Napoli presentano un lavoro che scava nell’animo umano e nei grandi interrogativi della vita, evento speciale dell’Estate fiesolana 2015. Federica Di Martino è Medea, Daniele Pecci è Giasone. Lo spettacolo della diversità e dell’istinto attraversati da folgoranti visioni tragiche.
 
Medea è uno dei personaggi più celebri del mondo classico, per forza drammatica, complessità ed espressività. Euripide la mette in scena nel 431 a.C. e per la prima volta nel teatro greco (almeno quello che è arrivato sino a noi) protagonista di una tragedia è la passione, violenta e feroce, di una donna. Forte, perché padrona della sua vita, tanto da distruggere tutto quello che la lega al suo passato. Una donna diversa, una barbara in una città che la respinge. Gabriele Lavia legge oggi nel capolavoro euripideo il viaggio verso un personaggio sradicato in un paese straniero. “Medea è una donna tradita”, spiega il regista, “è una donna che viene da lontano. È ‘figlia del Sole’, non perché partorita dal dio Sole, ma perché viene dal mondo in cui il Sole sorge. Viene dal Caucaso, dall’Oriente, è un’altra cultura. È quel mondo che parla il ‘barbar’, cioè balbetta la lingua greca, da cui ‘barbaroi’, ‘barbari’. Giasone sposa Medea: è come se un signore di Stoccolma sposasse la figlia del re di una tribù dell’Amazzonia, che però ha delle conoscenze che a noi sfuggono.”
La scena si svolge a Corinto, dove Medea vive con Giasone e i loro due figli. La donna ha aiutato il marito nell’impresa del Vello d’oro e abbandonato il padre Eeta, re della Colchide e fratello di Circe. Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole offrire sua figlia Glauce in sposa a Giasone, dandogli così la possibilità di successione al trono. Giasone accetta e abbandona Medea. Federica Di Martino, dopo Le troiane, regia di Federico Magnano San Lio (2008) e Andromaca, di Alessandro Maggi nel 2009, interpreta Medea, mentre Daniele Pecci, attore di cinema e televisione, imponente e tirannico Edipo nel 2013 al Teatro Greco di Siracusa, è Giasone. Umberto Ceriani è Creonte, Angiola Baggi la Nutrice, Pietro Biondi il Pedagogo, Gabriele Anagni il Messaggero. Il coro è formato da quattordici giovani attrici. Figure di importanza fondamentale per la trama, quali i figli della coppia, interpretati da Sofia De Angelis e Giulia Horak, sono continuamente presenti (tanto nei discorsi dei personaggi quanto sulla scena), senza però mai esprimersi direttamente. Euripide intende avvolgerli in un’atmosfera drammatica, come per mostrare al pubblico il terribile destino cui vanno incontro.
Medea è un ‘testo’, come si dice, antico”, prosegue Lavia, “antico non vuole dire morto, passato. Al contrario, più è antico e più è vicino a una ‘origine’. L'origine di qualcosa è ciò a partire da cui e per cui una cosa è quella ‘cosa’ che è. L’origine di qualcosa è la sua essenza. Medea, dunque, è più vicina all’essenza del teatro di qualunque testo più recente o, addirittura, attuale.”
Malgrado la disperazione, vista l’indifferenza di Giasone, la donna medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che in realtà è pieno di veleno, lo indossa per poi morirne fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch’egli il mantello, e muore. Ma la vendetta di Medea non finisce qui: per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli avuti con lui condannandolo all’infelicità perpetua. Creatura di passioni e di istinti che si direbbero disumani se non fosse così potentemente e intimamente donna, Medea è quasi una forza della natura allo stato essenziale, che la ragione serve soltanto a rendere consapevolmente feroce, senza poter imporre alcun freno all’animo indomito. Ciò che la sconvolge non è la gelosia, pur furiosa, ma è l’istinto di conservazione: non si uccide né uccide Giasone, ma elimina tutto ciò che è di ostacolo fra di loro. I figli le erano cari non perché li avesse partoriti, ma perché erano il frutto e il pegno dell’amore per Giasone. Già prima, innamorata di lui, non aveva esitato a uccidere il fratello.
Medea, che si ripete sempre la ‘stessa’ e mai uguale (poiché cambiano gli attori)”, precisa Lavia, “è ‘contemporanea’ cioè unisce il tempo antico al nostro presente e mette in crisi una certa attualità di oggi, svelandone la falsità. Che cosa è contemporaneo nell’antichissimo? Proprio il fatto che qualcuno lo ‘ripeta’. E per ripetere bisogna apprendere.”
Medea è vittima della ‘paura dell’estraneo’, straniera in terra straniera viene vista come un pericolo e, per vendetta, alla fine lo diventa. Giasone, al contrario, è quasi sminuito, tanto da ottenere la fama di seduttore che spingerà Dante a collocarlo nell’Inferno. Sembra che per lui l’amore rappresenti soltanto un mezzo di conquista, da eroe scade al rango di uomo egoista e meschino, che crede di giustificare il suo comportamento attraverso la sua capacità oratoria.
Euripide riesce quindi nella difficile impresa di motivare psicologicamente una donna che è l’antitesi della ragione. Affermandone la dignità, concetto che stava prendendo forma nell’Atene dell’epoca.
 
BIGLIETTI
Posto unico: intero 24€, ridotto 20€ (under 26, over 60, abbonati Teatro della Pergola) e 16€ (soci Unicoop Firenze valido solo per la data del 20 giugno).
 
Fabrizio Del Bimbo
Nicoletta Curradi
 

Nessun commento:

Posta un commento