venerdì 9 marzo 2012
Alla Strozzina "American Dreamers"
Fino al 15 luglio è aperta al Centro di Cultura Contemporanea "La Strozzina" la mostra "American Dreamers. Realtà e immaginazione nell'arte contemporanea americana".
Il sogno americano è il fattore che li accomuna. O meglio, quello che rimane di questo sogno. Sono gli 11 artisti statunitensi protagonisti della mostra appena inaugurata in contemporanea con "Americani a Firenze" a Palazzo Strozzi, con la quale si pone in un ideale dialogo.
Curata da Bartholomew Bland dell'Hudson River Museum di New York, l'esposizione propone, attraverso un viaggio tra espressioni artistiche diverse e originali - dalla scultura alla miniatura, passando per pittura, fotografia e riuso di materiali di recupero - una riflessione sulla costruzione di mondi alternativi davanti a un presente sempre più complesso, ostile e, a tratti, minaccioso.
Posti di fronte allo svanire delle promesse di prosperità e felicità alla base dell'"american way of life", e a una sfiducia crescente nei modelli di crescita imposti dal capitalismo consumista, questi artisti si rifugiano in universi fantastici, nati dall'immaginazione o dal sogno, unendo spesso al desiderio di fuga un ritorno alla manualità che, nell'era della digitalizzazione a tutti i costi, rappresenta un recupero del valore del tempo e la ricerca di una nuova forma coesione sociale.
Si parte con l'intervento site-specific di Adam Cvijanovic (1960), una pittura murale che ritrae un idilliaco paesaggio di periferia, simbolo del sogno americano ma anche del suo essere minacciato dalla crisi finanziaria causata dall'esplosione della bolla immobiliare. Al contrario, i quadri di Will Cotton (1965) raccontano un rassicurante paradiso pop di panna e zucchero filato, che rimanda alle icone della pittura settecentesca ma anche quelle contemporanee come la cantante Katy Perry.
Sembrano venire direttamente dalla dimensione del sogno i "soundsuits", grandi sculture indossabili realizzate da Nick Cave (1959) utilizzando capelli, pailettes e materiali di recupero, mentre è esplicita la metafora contenuta nei micromondi costruiti da Thomas Doyle (1976), dove miniature perfette rappresentanti le fondamenta della cultura borghese americana - la casa, la famiglia, il giardino - appaiono sventrate e in equilibrio precario.
Si prosegue con le immagini sterotipate di Richard Deon (1956), che reinterpretano quella "consensus history" raccontata dai vecchi libri scolastici americani, con le donne sospese fotografate da Adrien Broom (1980), con gli acquerelli onirici dipinti da Laura Ball (1972). E ancora Kirsten Hassenfeld (1971) con le sue lampade fatte di carta da regalo e cannucce riciclate e Christy Rubb (1949) che, come in un museo di storia naturale, ricostruisce con ossa recuperate dai fast food gli scheletri di volatili del continente nordamericano ormai estinti, invitando il visitatore a una riflessione sulle estreme conseguenze del materialismo consumista.
Infine, la foresta fantastica di Mandy Greer (1973), una costellazione di astri e pianeti realizzati in materiali diversi e minuziosamente assemblati che rimandano alla mitologia antica, e i quattro incredibili diorami di Patrick Jacobs (1971), che permettono di osservare attraverso un oblo micromondi fatati o interni di appartamenti.
American Dreamers. Fino al 15 luglio. Aperta dal martedì alla domenica ore 10-20, giovedì 10-23. Ingresso 5 euro.
Fabrizio Del Bimbo
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